Dati shock dagli studi Usa, +65% di mortalità rispetto alle isterectomie
Si ritorna in America alle isterectomie chirurgiche per i tumori del collo dell'utero. Mentre verranno sconsigliati gli interventi minimamente invasivi con speciali tecniche laparoscopiche, che hanno preso piede negli ultimi anni: queste procedure aumenterebbero infatti drammaticamente i rischi di mortalità e di recidive. E quanto emerge dai dati shock di ben due studi Usa: le operazioni laparoscopiche farebbero salire i rischi di un ritorno del cancro di ben 4 volte rispetto alla chirurgia 'aperta', e di quelli di morte del 65%.
A lanciare il grave allarme, due ricerche condotte al prestigioso Anderson Cancer Center dell'università del Texas, con la collaborazione di studiosi del Massachusetts General Hospital, della Harvard Medical School, della Northwestern University Feinberg School of Medicine. La differenza di mortalità e recidive a seconda degli interventi utilizzati sulle malate ha preso di sorpresa gli stessi studiosi, ed ha già indotto il dietrofront sul trattamento del cancro del collo dell'utero all'Anderson Cancer Center e al Johns Hopkins Hospital: questi ospedali non offriranno più le operazioni di laparoscopia, ma solo le isterectomie chirurgiche. "Quando abbiamo disegnato gli studi ci aspettavamo risultati identici per le pazienti sottoposte ai due tipi di intervento, ma siamo estremamente sorpresi dagli esiti", ha confessato Joe-Alejandro Rauh-Hain dell'Università del Texas. Nel primo studio, su 2.500 donne con cancro della cervice uterina di stadio 1, la metà ha ricevuto interventi invasivi, l'altra quelli mini.
Dopo 45 mesi, la mortalità tra chi aveva avuto la laparoscopia è risultata del 9,1%, rispetto al 5,3% per chi aveva avuto l'isterectomia tradizionale. Il primo gruppo di pazienti ha così evidenziato un rischio di morte più alto del 65%. Tra le cause dei più alti rischi delle procedure mini invasive, gli esperti ipotizzano che una delle ragioni possa essere l'uso di gas per 'gonfiare' l'addome durante le laparoscopie. Questo potrebbe 'aiutare' le cellule cancerogene a diffondersi.
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